Fondi comuni in grande spolvero, almeno a giudicare dai risultati riportati all’interno del Quaderno di Ricerca di Assogestioni. Nel 2019, infatti, il numero di persone che ha deciso di sottoscrivere un fondo comune nel nostro Paese è andato ad attestarsi a quota 7,2 milioni. Per capire meglio il dato, occorre ricordare che dodici mesi prima i sottoscrittori si erano invece fermati a circa 6,7 milioni. Per quanto riguarda il totale raccolto, esso va a toccare quota 77 miliardi di euro.
Il grande successo dei Piani Individuali di Risparmio
A trainare il settore sono stati in particolare i Pir (Piani individuali di risparmio), che secondo i dati forniti da Assogestioni sarebbero stati scelti da poco meno di 700mila nostri connazionali. Sempre in base al report formulato nell’occasione, possiamo dire che ad investire in PIR sono solitamente persone residenti nella parte superiore dello stivale, con una prevalenza di uomini rispetto alle donne che però si va progressivamente assottigliando, considerato come ormai la percentuale femminile di investitori in fondi comuni si attesta intorno al 47%, con una crescita di cinque punti percentuali nel corso degli ultimi quindici anni.
Per quanto riguarda invece la cifra mediamente investita, essa supera di poco la soglia dei 31mila euro.
Il successo notevole dei Piani Individuali di Risparmio
Il successo dei Piani Individuali di Risparmio, come abbiamo già sottolineato, è andato anche oltre quelle che erano le previsioni della vigilia. La raccolta dei PIR, infatti, ha raggiunto quota undici miliardi di euro, ovvero il 14% di quella complessiva.cConsiderato come questo strumento fosse all’esordio sul mercato si può facilmente comprendere perché molti analisti parlino di vera e propria corsa, destinata a generare nel corso del primo quinquennio perlomeno 70 miliardi raccolta.
Una spinta per l’economia
I PIR erano stati ideati come un vero e proprio veicolo teso a fare ripartire l’economia tricolore, ancora alle prese con le conseguenze della lunghissima crisi provocata dallo scoppio della bolla dei mutui Subprime, nel 2008. Una crisi che in Italia continua ancora a farsi sentire, nonostante il miglioramento della situazione avvertito nel corso degli ultimi mesi.
In particolare, nelle intenzioni dell’esecutivo, i PIR dovrebbero concorrere alla ripresa delle PMI del nostro Paese, proprio perché la legge istitutiva imponeva loro di riversare almeno il 70% degli investimenti verso aziende nazionali. Una funzione che permetterebbe anche alle aziende più piccole di avere fondi in un momento in cui il sistema bancario continua ad essere molto ripiegato su sè stesso.
I vantaggi fiscali dei PIR
Tra i motivi che hanno convinto molti risparmiatori italiani a scegliere i Piani Individuali di Risparmio, occorre mettere l’accento sul guadagno fiscale che rendono possibile. Chi opta per questo strumento, infatti, viene gratificato da un bonus fiscale, ovvero il totale azzeramento delle tasse da versare sugli eventuali guadagni ottenuti per questa via. Un beneficio che spetta però soltanto ai risparmiatori che manterranno la loro posizione per non meno di un quinquennio.
Il tetto dell’agevolazione è fissato a quota 30mila euro, che quindi possono arrivare a 150mila nell’arco dei cinque anni previsti. Tra i gruppi che hanno calamitato il consenso dei risparmiatori vanno ricordati in particolare Mediolanum, Intesa San Paolo e Arca, che messi insieme raggiungono una quota prossima al 60% del comparto.cConsiderato l’esordio, sale quindi la curiosità di analisti e addetti ai lavori per la raccolta che i PIR riusciranno a raggiungere nel corso del 2019, anche in considerazione del consolidamento del quadro economico.