Nelle settimane passate si è tornato a parlare molto di titoli di stato. L’avvento del governo formato da Lega Nord e Movimento 5 Stelle è stato infatti contrassegnato da un notevole innalzamento dello spread esistente tra i BTP italiani e il Bund tedesco. La domanda che deriva da questa situazione, è logicamente la seguente: quali sono le previsioni sull’andamento dei titoli di Stato a luglio 2019?
Le decisioni di Draghi quali conseguenze avranno sui titoli di stato?
Nella discussione in atto si è andato peraltro ad inserire con notevole forza Mario Draghi, il governatore della Banca Centrale Europea, il quale ha annunciato come dal prossimo autunno diminuiranno gli acquisti di titoli di stato da parte dell’organismo da lui guidato. Va ricordato come il Quantitative Easing abbia rappresentato nel corso di questi anni un notevole aiuto anche per il nostro Paese, considerato come attualmente la BCE possieda circa il 16% del nostro debito, l’equivalente di 363 miliardi.
Aumenteranno anche i tassi d’interesse?
Se il Quantitative Easing sembra destinato a fermarsi nei prossimi mesi, resta da capire cosa deciderà invece Draghi sui tassi di interesse. L’economia continentale, infatti, pur essendo in fase di miglioramento sembra ancora necessitare di un certo sostegno, che può essere assicurato appunto da tassi d’interesse molto bassi.
A rendere però necessario un aumento dei rendimenti potrebbe essere la concomitante politica attuata dagli Stati Uniti, ove è appunto in atto il rialzo dei tassi. Una politica che è stata assorbita senza grandi difficoltà da un’economia che ha ripreso a correre. Per non permettere un allargamento della forbice tra i tassi dell’una e dell’altra parte dell’Oceano, la BCE potrebbe quindi essere costretta a provvedere con un aumento di quelli europei, che comunque dovrebbe essere abbastanza modesto.
L’addio di Draghi
Anche Draghi, però, rientra tra i fattori in gioco della discussione. Come è noto, nel 2019 scadrà il suo mandato e nelle previsioni dovrebbe essere un tedesco a prenderne il posto alla guida della Banca Centrale Europea. Ove ciò avvenisse, un cambio della politica sin qui attuata non sarebbe più una previsione, ma una vera e propria certezza.
Proprio dalla Germania, infatti, in questi anni sono partite le critiche più forti alle decisioni di Draghi. Ad impedire un cambio di rotta troppo deciso, potrebbe però essere l’inflazione, la cui bassa crescita sconsiglia una rapida risalita dei tassi.
Cosa potrebbe succedere ai titoli di stato?
Come abbiamo ricordato, dunque, da un lato occorre prendere in considerazione la fine del Quantitative Easing, mentre sull’altro piatto della bilancia potrebbe andare a posizionarsi un rialzo dei tassi di interesse, più o meno consistente. Se il primo fattore sembra destinato ad impattare sui titoli di stato italiani, che hanno in effetti potuto godere di una specie di protezione da parte della BCE, bisogna al contempo ricordare come l’aumento dei tassi potrebbe infine rivelarsi benefico per l’Italia.
E’ infatti nota la correlazione tra tassi di interesse e valore dei BTP: quando i primi salgono, il valore dei secondi tende a scendere. Una considerazione da tenere a mente per chi abbia intenzione di fornire il suo portafoglio coi titoli di stato tricolori. Anche nell’epoca delle criptovalute e del trading online, non mancano gli affezionati di un investimento più tradizionale come quello rappresentato dai titoli pluriennali del Tesoro.
Un investimento che molte famiglie italiane continuano a praticare, non fidandosi con tutta evidenza dell’elevata volatilità dei titoli finanziari. In base ad una stima elaborata da Bankitalia, in questo momento, ammonterebbe a circa il 5,5% lo stock di debito pubblico da esse detenuto, all’interno di un risparmio privato che continua a viaggiare su ritmi elevatissimi.